Miss Gardella riceve tre regali

Tradotto da:

 Arrighi Guido, Bercigli Aurora, Bologni Serena, Casini Eleonora, Fenu Emma, Giommetti Perla, Landini Emma, Lazzeretti Gaia, Mannucci Diego, Martelli Sara, Matei Giulia, Moretti Luigi e Singh Sonia

Revisione: Prof. Irene Montanelli

 

Londra 1819

 

Miss Victoria Gardella Grantwort era una ragazza insolita per gli standard dell’Alta Società londinese, comunemente nota come il Ton. Nonostante fosse molto bella, con capelli neri, folti e ribelli, intelligenti occhi color nocciola, e apparentemente non diversa dalle altre giovani donne che avevano debuttato in società nella stagione in corso, lei, in effetti, aveva un segreto.

Era una cacciatrice di vampiri, che proveniva dalla lunga dinastia della famiglia Gardella. Aveva appena appreso che il suo dovere era quello di portare il paletto: lei sapeva cosa si provasse a conficcare un pezzo di legno affilato e appuntito nel cuore di un uomo dagli occhi rossi che stava per affondare le zanne nel suo collo o in quello di qualcun altro.

A parte il pouf di cenere maleodorante, una volta che il paletto era stato conficcato nel cuore della creatura, il pericolo, di solito, era scampato e Victoria si ritrovava a ricongiungersi alla festa o all’evento a cui stava partecipando prima di essere chiamata a sbrigare il suo dovere.

Un ballo da Almack, uno spettacolo al teatro di Drury Lane, una passeggiata al chiaro di luna per i Vauxhaul Gardens, un concertino nell’affollato salotto di un conoscente. Certo, c’erano delle volte in cui poteva tornare con i vestiti strappati, con morsi di vampiro sanguinanti o qualche altra seccatura… Ma quello faceva parte della sua vita.

Era sua responsabilità tenere i londinesi al sicuro.

Se lei avesse fatto un incubo ogni tanto su uomini demoniaci dagli occhi rossi che le laceravano la gola, o su donne dalle zanne affilate che le graffiavano la carne, c’era da aspettarselo. Aveva affrontato quelle nefandezze più di una volta… e aveva impedito a un certo numero di giovani donne e affascinanti dandy di essere sbranati.

Ma quella sera era la vigilia di Natale, cose come la caccia e l’uccisione dei vampiri erano il più lontano possibile dalla mente di Victoria, come dire, non del tutto sparite, ma sicuramente non al primo posto nei suoi pensieri.

Lady Melly Grantworth, la madre di Victoria, scese trafelata le scale, distribuendo ordini e critiche a tutti come al solito. “Victoria, assicurati di aver preso il tuo mantello azzurro. La neve scende molto fitta ed è anche piuttosto freddo. Il vento si sta alzando! Parson, la carrozza deve essere portata qui e i mattoni caldi messi dentro immediatamente. La chiesa è a due isolati di distanza e dopo dobbiamo attendere alla cena della vigilia di Natale della Duchessa Farnley”.

Lady Melly si fermò in fondo alle scale. “Cosa sono questi?”.

Victoria si girò, mentre indossava il mantello azzurro acceso foderato con pelliccia di coniglio, e si accorse dei tre pacchetti sul tavolo dell’atrio.

“Credo che siano per te, Victoria”, disse sua madre.

C’era una combinazione di sospetto e delizia nei suoi occhi, perché, anche da dove Victoria si trovava, poteva vedere il sigillo di ceralacca su uno dei pacchi e chiaramente apparteneva a un nobile. Più di ogni altra cosa, Lady Melly voleva vedere sua figlia sposarsi, e sposarsi per i soldi e il potere.

Ma, ovviamente, un Cacciatore di vampiri non poteva maritarsi, specialmente se donna. Perciò Lady Melly avrebbe avuto una grande delusione nella vita.

“Sono per me? Tre pacchetti?” Victoria smise per un attimo di infilarsi i guanti, non i suoi preferiti, purtroppo, perché ne aveva di recente perso uno nel pericoloso quartiere di St. Gilles, un luogo dove una donna di alta classe sociale non avrebbe mai osato andare.

“Sembrano esserlo di certo. Guardali”.

“Interessante” mormorò Victoria, esaminandoli e un brivido di euforia le scivolò lungo la schiena. “Curioso”.

Il primo pacco era perfettamente quadrato e legato con un bel fiocco. La scatola era coperta di brillantini, e scintillava nella scarsa luce dell’atrio. Era il più pesante dei tre e anche il più bello: c’era un bigliettino con un sigillo del marchese di Rockley, il miglior partito dell’alta società, e il suo nome era scritto con una calligrafia formale: Miss Grantworth.

Victoria slegò il fiocco, mettendo da parte lo scintillante tessuto argenteo, per riutilizzarlo in seguito, e aprì la scatola. Melly, che sbirciava da sopra la sua spalla, sussultò quando vide i gioielli scintillanti all’interno. “Quello vale una piccola fortuna, Victoria!” gridò sua madre. “Rockley ti ha davvero messo gli occhi addosso!” esclamò, mettendosi quasi a ballare per l’atrio.

Victoria sollevò la collana di topazi gialli dal suo gancetto: luccicava, brillava e le gemme riflettevano la luce come fuocherelli. “Splendido!” mormorava pensando a quanto fosse bello, affascinante e cortese Lord Rockley. Avevano condiviso diversi balli nelle settimane precedenti e il marchese aveva messo in chiaro il proprio interesse nei suoi confronti. E Victoria non poteva negare che il cuore le batteva più veloce quando c’era lui. L’aveva persino baciata durante una gita nel parco.

“Devi cambiarti d’abito, Victoria” ordinò Melly. “Così puoi indossarli stasera! Rockley sarà alla cena e vorrà vederti con questi gioielli.”

Victoria scosse la testa. “Non ho tempo di cambiarmi, mamma, forse domani sera.” E prese il secondo pacco.

Era lungo, piatto e molto leggero. Anche se non ben confezionato come quello di Rockley, quel regalo, era rivestito di carta rosa pallido. C’erano una rosa essiccata, dei pezzetti di legno di bosso e del pizzo dorato che facevano apparire il regalo elegante e sobrio allo stesso tempo. Il biglietto diceva soltanto Victoria, in una semplice calligrafia maschile.

“Chi osa-” disse Melly, sbirciando di nuovo da sopra la spalla.

Victoria non seppe rispondere finché non ebbe sciolto il fiocco dorato e aperto la scatola sottile. Nascosti all’interno, avvolti nella carta velina profumata ai chiodi di garofano, c’erano dei guanti. Erano squisitamente realizzati su misura, in morbida pelle di vitello color avorio, con cuciture delicate e decorazioni eleganti. Solo una persona che conosceva poteva avere un gusto così eccellente.

Un rossore comparve sulle guance di Victoria mentre li tirava fuori e un bigliettino cadde a terra. Forse dovresti averne due uguali, era tutto ciò che c’era scritto, ma aveva già capito chi le aveva fatto quel regalo.

Sebastian Vioget poco raccomandabile, misterioso e bello come un dio dorato, durante il loro primo incontro, con un gesto tanto audace quanto scortese, l’aveva privata di uno dei suoi guanti e si era rifiutato di restituirglielo. Quei suoi occhi color ambra dorata erano caldi e pieni di promesse mentre le toglieva il guanto dalla mano e poi si chinava per baciarla.

“Victoria! Cosa diavolo non va in te? Hai la febbre? Le tue guance sono rosse!”

Guardò sua madre e il rossore scomparve. “No, affatto”.

“E di chi sono quei guanti? Sono molto costosi. Di certo non avrai due pretendenti! Non puoi fare niente che metta a repentaglio la tua intesa con Rockley!” Melly stridulò. “Non puoi indossare questi stasera. Non si abbinano al tuo abito”.

“No, certo che no, mamma” disse dolcemente Victoria. Aveva imparato molto tempo prima a lasciare che sua madre chiacchierasse e poi fare quello che voleva. Mise via i guanti per indossarli un’altra volta.

“Che diavolo è questo?” Melly stava esaminando il terzo regalo, che difficilmente poteva essere considerato tale, di certo non ne aveva l’aspetto.

“Sembra che un mendicante l’abbia incartato per te, Victoria. Perché mai un mendicante ti farebbe un regalo?”.

Altrettanto incuriosita, Victoria prese l’ultimo pacco. Lungo, stretto e sottile, era avvolto alla bell’e meglio in una comune carta marrone e legato con dello spago. Il suo nome era stato scritto direttamente sulla carta, uno scarabocchio scuro e impaziente: V. Gardella.

Allora seppe chi l’aveva mandato. Per qualche ragione sentì la necessità di voltare le spalle a Lady Melly quando l’aprì, il che andava bene perché sua madre era tornata a mangiare con gli occhi la collana di topazi.

Dopo aver strappato il foglio, Victoria si ritrovò a tenere in mano un paletto dall’aria letale: fatto di frassino, il legno più pregiato per annientare i non-morti, era scolpito a formare un’arma lunga e liscia. La parte finale era stata dipinta d’argento, ad eccezione della punta del legno affilato, lasciata scoperta in modo che il frassino entrasse in contatto diretto col cuore demoniaco del vampiro. Una croce d’argento era stata impressa nell’estremità piatta del paletto e l’arma era dipinta di nero lucido.

Da parte di Max Pesaro, ovviamente. Il più potente Cacciatore ammazzavampiri che Victoria conoscesse. Suo collega e nemesi, un uomo convinto che una donna non potesse essere una cacciatrice di vampiri.

Come ci si poteva aspettare, non c’era nessun biglietto, ma il suo messaggio era chiaro come se fosse stato scritto: Dimentica le frivolezze, i corteggiamenti e i gioielli, questa è la tua vita. Victoria guardò il paletto, bellissimo a modo suo, doveva ammetterlo, e un’ondata di frustrazione, determinazione e infine di accettazione la travolse. Lui aveva ragione. La sua vita era quella.

“Victoria, dobbiamo proprio andare” disse Melly.

Molto bene, allora, andiamo. Victoria guardò i gioielli, i guanti e il paletto.

Solo uno di quei doni l’avrebbe accompagnata quella sera.

L’unico che contava.